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The Anatomist

giovedì, ottobre 20, 2005

I linfonodi


I linfonodi sono gli organi più piccoli del nostro corpo, essendo in condizioni normali delle dimensioni di una lenticchia, o ancora più piccoli. Essi sono rivestiti da una capsula connettivale e il loro parenchima è suddivisibile in una porzione più esterna, detta corticale, e una più interna, midollare (foto: corticale con, in evidenza, due follicoli, uno dei quali occupato da un "centro germinativo", o "centro chiaro". Tra i due follicoli è presente una trabecola conettivale).


I linfonodi rappresentano importanti stazioni nelle vie linfatiche. Ad essi arriva la linfa, attraverso dei vasi linfatici afferenti, che raggiungono in più punti la capsula linfonodale. Questi riversano la linfa in degli ampi canali, detti seni, che percorrono dapprima la corticale (seni corticali) e poi la midollare (seni midollari) per riversarsi, a livello dell'ilo dell'organo, in un unico vaso efferente. Questi seni sono rivestiti da cellule endoteliali che formano un rivestimento continuo ma che si lascia costantemente attraversare, per diapedesi, da linfociti e macrofagi. Questi ultimi "esaminano" il contenuto della linfa e, laddove necessario, elaborano una risposta immunitaria.
La struttura del parenchima del linfonodo è complessa: la sua capsula, costituita da fibre collagene e fibroblasti, si approfonda nel parenchima, formando delle trabecole che raggiungono la midollare prima di scomparire. Si formano delle camere dove una fitta rete tridimensionale di fibre reticolari forma un supporto al parenchima. In queste camere è possibile trovare follicoli che, in condizioni di inattività, sono molto piccoli e costituiti da un nucleo uniforme di linfociti B, prevalentemente immaturi, pronti a terminare la loro differenziazione e a trasformarsi in plasmacellule. Intorno ai follicoli, invece, si dispongono i linfociti T a formare un denso anello che prende il nome di paracorticale (o zona parafollicolare). I seni corticali sopra descritti si trovano per l'appunto tra le trabecole e la paracorticale.
Questa microfotografia mostra la sostanza midollare con i cordoni midollari (più scuri), costituiti da pre-linfociti, tra cui decorrono i seni linfatici (in chiaro), contenenti linfociti, plasmacellule e cellule fagocitarie.
Il passaggio attraverso uno dei seni di sostanze patogene innesca una stimolazione antigenica che determina iperplasia del linfonodo, che può ingrossarsi fino a raggiungere le dimensioni di un paio di centimetri o più. L'iperplasia del linfonodo può interessare ciascuna delle quattro componenti descritte, ovvero i follicoli, la paracorticale, i seni e la midollare. Ovviamente, può essere interessata una sola di queste regioni o, più comunemente (circa nel 70% dei casi), più di una. L'iperplasia si verifica più frequente a carico dei follicoli, poi seguono la paracorticale, i seni e la midollare. Durante l'iperplasia del follicolo, esso non solo si ingrossa, ma cambia anche aspetto: si forma una zona centrale più chiara, detta centro germinativo o follicolo secondario, costituita prevalentemente da linfoblasti, circondata da una corona più scura di elementi differenziati, detta zona mantellare, che si continua nella zona parafollicolare. Cessato lo stimolo immunogeno, il linfonodo gradualmente torna alle sue dimensioni originarie.
I linfonodi sono scarsamente innervati e il senso di tensione e di dolore che spesso di associa ad una linfadenite proviene in realtà dai recettori presenti nelle aree cutanee e sottocutanee limitrofe, che sono stimolati dalla compressione meccanica esercitata dal linfonodo che sta ingrossandosi, ma ancor di più da mediatori chimici della flogosi presenti nel linfonodo e nei vasi linfatici viciniori.

mercoledì, ottobre 19, 2005

Il midollo osseo


Il midollo osseo si trova all’interno della diafisi delle ossa lunghe e tra le trabecole spugnose delle epifisi e delle ossa piatte. Nel bambino è presente praticamente in tutte le ossa dello scheletro, mentre durante lo sviluppo si va atrofizzando procedendo in senso disto-prossimale, fino a ritrovarsi, nell'adulto, solo nelle ossa dello scheletro assile, come le vertebre, lo sterno, le coste e le ossa craniche, e nelle coxe. Il midollo osseo contiene sia cellule “staminali”, ovvero cellule in grado di dare origine a tutte le cellule ematiche (e probabilmente non solo a quelle), che progenitori, cellule ancora indifferenziate ma orientate verso la differenziazione eritroide (globuli rossi), linfoide (linfociti), mieloide (granulociti e monociti) e megacariocitoide (piastrine). Da questi progenitori si originano colonie di precursori, cellule che proliferano e soprattutto, acquisiscono tutte quelle caratteristiche morfologiche e funzionali degli elementi maturi. In realtà la maggior parte delle cellule ematiche non completa il suo differenziamento nel midollo. Tra i leucociti, ad esempio, i linfociti T migrano nel timo e i linfociti B, come già detto, terminano la loro differenziazione diventando plasmacellule; anche i monociti sono cellule che viaggiano nel sangue e termineranno il loro processo differenziativo diventano una macrofagi.
Sparsi tra queste colonie cellulari in via di maturazione ci sono cellule adipose, la cui abbondanza lascia intravedere altre funzioni, ancora non conosciute, oltre quelle di riserva di energia per questo tessuto invero così metabolicamente attivo. Il midollo in attività appare rosso (midollo rosso) per la preponderante presenza di eritrociti in via di maturazione; normalmente, la quota di adipociti in un midollo rosso non supera il 40-50%. Questa percentuale ovviamente è maggiore nel midollo che ha perso la sua funzionalità, o laddove questa è molto ridotta, essendo questo occupato fino al 95-99% da tessuto adiposo e assumendo quindi un colorito giallastro (midollo giallo). Infine, oltre alla funzione ematopoietica, il midollo osseo può presiedere alla fagocitosi, alla produzione anticorpale e all'emocateresi, ovvero la distruzione degli elementi corpuscolati del sangue.
Questa microfotografia mostra una sezione di midollo sottoposta ad immunocolorazione con anticorpo primario anti CD68. In rosso, le cellule di origine monocito-macrofagica


Quest'altra mostra, a forte ingrandimento, un megacarioblasta; in rosso le molecole di HSP10.

mercoledì, ottobre 12, 2005

I vasi

I vasi, come il cuore, sono organi cavi e, con esso, presentano alcune analogie. Innanzi tutto anche la loro parete è costituita da tre strati sovrapposti, che prendono il nome, dall'interno verso l'esterno, di tonaca intima, tonaca media e tonaca avventizia. Tra questi tre strati, a segnarne il confine, vi sono due lamine di tessuto elastico, denominate, rispettivamente, lamina elastica interna ed esterna. La tonaca media è la tonaca più spessa e quella che, di norma, caratterizza maggiormente il vaso e ne permette un inquadramento tassonomico. I vasi, infatti, sono classificati in vasi efferenti e afferenti, rispetto al cuore, ovvero che trasportano sangue che si allontana o si avvicina rispetto all'organo centrale del sistema cardiovascolare. I primi prendono il nome di arterie e i secondi di vene, indipendentemente, come è noto che al loro interno vi scorra sangue arterioso (ricco di ossigeno) o venoso (sangue da ossigenare nei capillari polmonari). I vasi arteriosi e i vasi venosi possono a loro volta essere classificati in base al calibro in vasi di grosso, medio e piccolo calibro. Questi ultimi, le arteriole e le venule, sono quelle tra cui, di norma, sono interposte le reti capillari, costituite da vasi la cui parete è sottilissima per permettere gli scambi tra il sangue e l'interstizio che li circonda. Oltre che a seconda delle dimensioni, i vasi arteriosi e venosi possono anche essere classificati in base alle caratteristiche strutturali della loro parete. Vediamo dapprima quali sono le analogie strutturali tra arterie e vene e, a seguire, vediamo quali sono le peculiarità che ci consentono, dapprima di distinguerli tra loro e poi di classificarli in sottogruppi.

La tonaca intima è lo strato più interno, a contatto col sangue che scorre nel vaso ed è costituita, a sua volta, da una lamina endoteliale e da una lamina sottoendoteliale. La lamina endoteliale è costituita da un unico strato di cellule pavimentose che si estendono, senza soluzione di continuità, all'interno della parete di tutto l'albero vascolare, cuore incluso. Le cellule endoteliali svolgono ruoli importantissimi, alcuni dei quali non ancora perfettamente conosciuti nel dettaglio; esse, ad esempio, regolano la diffusione di sostanze dal sangue all'interstizio che circonda i vasi; inoltre, modulano il passaggio di cellule immunitarie deputate alla sorveglianza dei tessuti periferici; ancora, partecipano al processo coagulativo, in seguito ad una lesione vascolare; in alcuni distretti, hanno importanti azioni metaboliche ed ormonali, secernendo sostanze che regolano il tono vascolare stesso in loco o a distanza ovvero secernendo enzimi che catalizzano reazioni ormonali. Sono molto sottili e il loro spessore aumenta solo in corrispondenza del nucleo, la loro superficie è liscia e risultano un po’ allungate nel senso della corrente ematica. Infine, possiedono al loro interno dei granuli caratteristici, i corpi di Weibel-Palade, che sono vescicole di immagazzinamento del fattore VIII (proteina di Von Willebrand) che, dopo una lesione vascolare, favorisce il legame delle piastrine alla lamina sottoendoteliale. Quest'ultima, generalmente molto scarsa, laddove non assente, è una sottile lamina di tessuto connettivo lasso con interposte cellule di natura mesenchimale, come fibroblasti o cellule immunitarie (linfociti, monociti). Nella lamina sottoendoteliale viaggiano le sostanze nutritizie e mediatori chimici diretti alle cellule della più spessa tonaca media.


I costituenti principali della tonaca media sono tre: le fibrocellule muscolari lisce, le fibre elastiche e le fibre collagene. Questi tre componenti sono sempre presenti nella parete di un vaso arterioso o venoso, modificandosi quantitativamente a seconda del distretto in cui si trovano.
Le arterie di grosso calibro, l'aorta e le polmonari per intenderci, hanno una tonaca media ricca in fibre elastiche che, essendo altamente estensibili, possono accumulare energia impressa sulla massa ematica dalla sistole ventricolare e, durante la diastole, cederla lentamente alla colonna ematica diretta in periferia, contribuendo così in maniera significativa a trasformare il flusso ematico intermittente proveniente dal cuore in un flusso continuo (laminare), necessario nei distretti periferici (capillari) affinché possano avvenire gli scambi.
I rami che nascono dall'aorta e dalle arterie polmonari nel primo tratto hanno anch'essi, in genere, una tonaca media a prevalente componente elastica; ma questa via via si modifica, per diventare a prevalente componente leiomuscolare e così si mantiene fino alle arteriole comprese. Quello che varierà, d'ora in poi, sarà 1) il numero di strati di fibrocellule muscolari lisce che, avvolgendosi in maniera concentrica rispetto all'asse del vaso, formeranno una sorta di manicotto intorno ad esso, e 2) il rapporto tra spessore della tonaca media e calibro del vaso, che crescerà, a favore del primo andando dai principali vasi di distribuzione ai vasi intraparenchimatosi, per poi ridursi nuovamente a livello delle arteriole, in prossimità delle reti capillari. Lo stato di contrazione delle fibrocellule muscolari lisce è sotto il controllo di fattori umorali locali e sistemici, nonché del sistema nervoso vegetativo; modificandosi, può determinare vasocostrizione o vasodilatazione e, di conseguenza, il flusso ematico può essere indirizzato, a seconda delle esigenza funzionali dell'organismo, verso un distretto o un altro.
Il terzo costituente, ovvero il tessuto collagene, è tipico delle vene, costituendone circa la metà del peso complessivo; le vene sono vasi tipicamente contenitivi, storando al loro interno circa i 2/3 del totale della massa ematica circolante che, con movimento lento ma continuo, defluisce verso gli atri cardiaci. Esse non necessitano quindi di una componente elastica, come le arterie di grosso calibro, e anche la componente muscolare liscia può essere scarsa, non essendo necessaria, in condizioni fisiologiche, una importante regolazione del tono vascolare, come era per il caso delle arterie muscolari e delle arteriole. Fanno eccezione alcune vene di medio calibro che drenano il sangue da distretti inferiori del nostro organismo, e quindi in senso antigravitario, che sono più ricche in fibrocellule muscolari lisce e sono fornite di valvole; queste ultime, di forma semilunare, si costituiscono grazie ad un ripiegamento interno dell'intima e si trovano generalmente a livello degli arti inferiori, mentre ne sono prive le vene dell'addome. Le vene impediscono il reflusso di sangue nei distretti periferici, orientando così la direzione della massa ematica verso il cuore.
Sia le fibre elastiche che le fibre collagene della tonaca media sono sintetizzate dalle fibrocellule muscolari lisce. Questo non deve stupire, se si considera che esse derivano, al pari dei fibroblasti, da cellule mesenchimali indifferenziate, presenti nella parete dei vasi e in grado, periodicamente, di andare in mitosi e sostituire le cellule muscolari lisce che via via vanno morendo. Evidentemente, la loro specializzazione morfofunzionale, acquisita durante la differenziazione, non si limita alla sintesi di proteine contrattili, ma, come si vedrà nel caso di una patologia frequente come l'aterosclerosi, le fibrocellule muscolari lisce dei vasi hanno diversi ruoli, molti non ben conosciuti, nella regolazione dell'omeostasi delle componenti strutturali della parete del vaso.

Infine, la tonaca avventizia è presente sia nei vasi arteriosi che venosi, senza grosse differenze strutturali fra i due, essendo costituita, prevalentemente, da tessuto connettivo lasso, ricco in collagene, e i fibroblasti che lo secernono. Questa guaina connettivale può avere vari atteggiamenti, in quando può continuarsi senza interruzione con il connettivo stromale degli organi parenchimatosi, o col connettivo di sostegno negli strati degli organi cavi, o ancora con le fasce muscolari o col tessuto adiposo sottocutaneo, stabilendo a volte intimi rapporti con essi. Inoltre, nel caso dei vasi di più grosso calibro, può essere tanto sviluppata da accogliere nel suo spessore altri piccoli vasi (vasa vasorum) che trasportano metaboliti per le cellule degli strati più esterni della parete del vaso, a cui, per diffusione dal lume del vaso stesso, giunge scarso o nullo nutrimento.


I capillari sono i vasi più piccoli del nostro organismo, e, come già detto, fanno eccezione in quanto la loro parete non è costituita da tre strati, come nel caso di arterie e vene, ma soltanto da uno strato endoteliale che poggia su una membrana basale, dentro cui, a volte, è accolto un pericita, cellula connettivale dalle funzioni scarsamente delineate. Esistono due tipi di cellule endoteliali, ma tre tipi di capillari. Le cellule endoteliali possono essere classificate in continue e fenestrate, e analogamente avremo capillari continui e fenestrati. Entrambi questi citotipi hanno una forma poligonale appiattita e si differenziano in quanto le seconde presentano delle porzioni di membrana citoplasmatica così sottile da sembrare che in essa vi siano dei piccoli fori (fenestrature); in realtà vi sono dei sottili diaframmi. Questo stratagemma aumenta la capacità di scambi di queste cellule e infatti i capillari fenestrati li troviamo in tutti quei distretti (come i villi intestinali, il glomerulo renale, gli adenomeri delle ghiandole esocrine, ma anche in prossimità di molte ghiandole endocrine) dove è richiesto uno scambio più intenso tra lume vascolare ed interstizio. Infine, il terzo tipo di capillari è rappresentato dai sinusoidi, che seppur rivestiti da cellule endoteliali continue, presentano delle vere e proprie discontinuità lungo la loro parete. È come se, in un capillare continuo, particolarmente ampio e tortuoso, avessimo tolto dalla parete alcune cellule endoteliali, lasciando al loro posto solo la membrana basale o, spesso, neanche questa. I sinusoidi si trovano, di norma, nel fegato, nella milza, nel midollo osseo e nella midollare del surrene e nello spazio perisinusoidale, abitualmente, si trovano cellule della linea monocito-macrofagica (come ad esempio le cellule di Kupffer nel fegato), con funzione di sorveglianza immunitaria.


Un breve discorso a parte meritano i vasi linfatici che, insieme agli organi linfatici, al tessuto linfoide presente in alcuni organi e alle cellule linfatiche presenti nel sangue e nei tessuti periferici, vanno a costituire il complesso "sistema linfatico". L'albero linfatico è unico e monodirezionale, ovvero nasce in periferia con capillari a fondo cieco o stomizzati e la linfa in essa contenuta viaggia verso il cuore in vasi di calibro via via crescente. Si calcola che circa il 10-20% del liquido interstiziale che trasuda dai capillari all'interstizio prenda la via linfatica. I vasi più piccoli di questo sistema prendono il nome di capillari linfatici, per analogia di quelli ematici; la loro parete, infatti, è costituita da uno strato di cellule endoteliali, separate dal connettivo circostante soltanto da una sottilissima membrana basale. Via via che si risale verso il cuore, la parete di questi vasi di arricchisce di fibrocellule muscolari lisce, fibroblasti e connettivo, avendo una struttura analoga ai vasi di tipo venoso, seppur meno cellulare. La linfa scorre molto lentamente all'interno dei vasi linfatici, spinta soprattutto da movimenti passivi, quali la pressione di filtrazione capillare, la contrazione dei muscoli circostanti, la pulsazione dei vasi circostanti, e aiutata dalla presenza di numerose valvole, strutturalmente analoghe al corrispettivo venoso. Ciò nonostante, a volte questi meccanismi non bastano e si verifica l'arresto del flusso e la conseguente stasi linfatica che, a sua volta, può determinare edema (linfedema) e infiammazioni (linfangiti).

Il cuore

Il cuore è un organo cavo e pertanto da un punto di vista strutturale se ne deve descrivere la parete. Essa è costituita da tre tonache sovrapposte. Dall'interno verso l'esterno queste tonache (o strati) prendono il norme di endocardio, miocardio ed epicardio. Ciascuno di questi tre strati ha delle peculiarità morfofunzionali.

L'endocardio è costituito da una lamina di cellule endoteliali, a contatto col sangue contenuto nelle cavità cardiache. Essa poggia su una lamina sottoendoteliale, ricca di tessuto connettivo lasso dove possiamo trovare arteriole, venule, capillari, rami nervosi e, dispersi nella trama connettivale, fibroblasti, fibrocellule muscolari lisce, monociti e altre cellule ematiche migranti.
Mentre il rivestimento endoteliale non si discosta per caratteristiche strutturali e funzionali da quello dei vasi, un qualche interesse è rivestito dalla popolazione cellulare sottoendoteliale, di origine mesenchimale, che può rappresentare un vestigio del tessuto mioblastico che in epoca embrionaria precoce (2° settimana di sviluppo) si trovava in quel segmento dell'albero vascolare che si è poi differenziato per formare il cuore. Questa, infatti, potrebbe essere una regione ricca di cellule staminali e germinali che, opportunamente stimolate, possono dare luogo a colture cellulari in vitro o, seppur ipoteticamente, ad una rigenerazione miocardica in vivo. Infine, si deve ricordare che, da un punto di vista strutturale, anche le valvole cardiache sono costituite da endocardio, che si è ripiegato a formare una plicatura.

Il miocardio è di gran lunga lo strato più spesso dei tre descritti. Esso è costituito da una popolazione cellulare più eterogenea di quanto non possa sembrare di primo acchito. Esse infatti si differenziano per molteplici fattori, quali la quantità del contenuto miofibrillare (alloplasma specifico), le loro dimensioni (lunghezza e diametro), la distribuzione e la ricchezza degli organuli cellulari, l'eventuale presenza di granuli secretori proteici. Oltre alle fibrocellule muscolari cardiache, la popolazione di gran lunga prevalente, sono state infatti identificate e descritte, nel contesto del miocardio, cellule auricolari, nodali, di conduzione, di Purkinje, ciascuna con caratteristiche proprie. Le cellule auricolari, ad esempio, sono di minori dimensioni rispetto al miocardio comune con un alloplasma specifico confinato alla periferia della cellula e con una particolare ricchezza di reticolo endoplasmico rugoso in sede perinucleare, dove è in grande evidenza il complesso del Golgi che contiene granuli osmiofili di natura proteica. In queste cellule è possibile evidenziare il percorso di questi granuli che dalla sede perinucleare si portano verso il subsarcolemma, sempre contenuti in specifiche vescicole, per poi essere rilasciate nello spazio intercellulare, ricco in vasi. Alcune di queste, confinate in particolar modo nell'atrio di destra, contengono peculiari granuli peptidici (atriopeptine) ad azione natriuretica e miorilassante per la muscolatura liscia (ANF). Queste cellule sono state definite anche cellule mioendocrine.

Le cellule nodali sono cellule poliedriche di piccole dimensioni e con una notevole riduzione dell'alloplasma specifico, tanto da essere state descritte come cellule pallide. Esse si dispongono l'una intorno all'altra a formare dei nidi (o nodi). La loro peculiarità funzionale, non evidenziabile con i comuni metodi morfologici, è rappresentata dalla instabilità elettrica della membrana cellulare che è stata calcolata in -60 elettronvolts. Le cellule di conduzione, di grande diametro e forma cilindrica, contengono una ridotta quantità di miofibrille disposte alla periferia della cellula; esse si trovano ai confini esterni dei nidi di cellule nodali e costituiscono anche i fasci internodali. Le fibre di Purkinje prendono il nome dall'autore che per primo le descrisse. Sono cellule di grandi dimensioni e con numerosi prolungamenti cellulari e si trovano generalmente il sede subendocardica a costituire una vera e propria rete a maglie larghe.

Le fibrocellule miocardiche comuni, come detto, rappresentano la popolazione più numerosa, hanno una forma allungata con il nucleo, ovalare, disposto al centro e contenuto nella regione di maggiore diametro; hanno dimensioni variabili, essendo le fibrocellule miocardiche degli atri più piccole di quelle dei ventricoli; l'alloplasma specifico è costituito da miofibrille costituite da proteine filamentose disposte in fascetti lungo tutta la cellula e intervallate da numerosissimi mitocondri.

Gli altri organuli cellulari, quali il reticolo liscio e granulare, il Golgi, etc, sono disposti in sede perinucleare, conferendo quindi a questa regione della cellula il maggior diametro. Le miofibrille, invece, sono disposte in posizione più periferica, affollando lo spazio subsarcolemmale, e in esse sono chiaramente visibili, alla microscopia elettronica a trasmissione, gli elementi del sarcomero che danno origine alle note striature.

Le cellule del miocardio si collegano e dialogano tra loro mediante complessi di giunzione rappresentati da desmosomi, tra le superfici laterali delle membrane cellulari, e da particolarissime giunzioni fra le estremità termino-terminali delle cellule, definite "dischi intercalari", formate alla periferia da gap junctions e in posizione centrale da tight junctions e da desmosomi. Tra queste, le più importanti sono le prime, le gap junctions, in quanto costituite da proteine canali che consentono il transito di molecole e piccoli ioni, attraverso cui le cellule dialogano tra loro, come se adoperassero un vero e proprio alfabeto. Inoltre, attraverso queste reciproche connessioni costituite dai dischi intercalari, le fibrocellule miocardiche costituiscono un vero e proprio sincizio funzionale retiforme.
Non si deve dimenticare che tra le cellule del miocardio di trova un interstizio spesso trascurato, formato da tessuto connettivo con abbondanti fibre collagene di terzo tipo e una minor quota di fibre elastiche. Questi sottili setti connettivali, che avvolgono contenendo e limitando l'allungamento e l'accorciamento delle fibrocellule muscolari, derivano sia dal connettivo sottoendoteliale ed epicardico, che dal connettivo perivascolare. Attraverso l'interstizio, le cellule dialogano acquisiscono metaboliti, eliminano cataboliti, anche attraverso un intenso traffico endo- ed esocitotico. Anche in questo connettivo interstiziale si trovano disperse cellule mesenchimali di tipo fibroblastico, sulla cui reale natura e potenzialità non è stato sicuramente detto tutto dalla comunità scientifica. Ad oggi, infatti, non sono state identificate, con certezza, cellule staminali o germinali nel cuore, in grado di moltiplicarsi e differenziarsi in miocardiociti maturi. Non è nota, infatti, una condizione di iperplasia cardiaca, e neanche si ammette che il cuore possa essere in grado di riparare se stesso, dopo una perdita di tessuto miocardico, come in seguito ad un infarto acuto, mentre è noto che, in numerose situazioni fisiologiche e fisiopatologiche, il cuore può andare incontro ad ipertrofia, attraverso una aumentata sintesi ed accumulo di miofibrille all'interno delle fibrocellule muscolari cardiache.


Il connettivo interstiziale contiene una ricchissima rete di capillari continui. Sembra, infatti, che ciascuna fibrocellula muscolare cardiaca possieda un proprio capillare, con cui molto spesso instaura un rapporto diretto o mediato da un elemento cellulare interstiziale, quasi a voler costituire una barriera "ematomiocardica". Anche il tipo e la natura di questi rapporti meriterebbero un maggiore approfondimento scientifico.


Infine, l'epicardio, ovvero il foglietto viscerale del pericardio sieroso, riveste esternamente il cuore e lo isola dalla cavità pericardica, della quale contribuisce alla formazione, essendo uno dei due foglietti. Infatti, l'epicardio ha due lamine: l'una, la lamina sottomesoteliale, poggia sul miocardio, ed è costituito da tessuto connettivo lasso che si disperde, come detto, a formare l'interstizio miocardico; l'altra, invece, che guarda la cavità pericardica, è rivestita sulla sua superficie da un foglietto mesoteliale (lamina mesoteliale), fatto da un singolo strato di elementi cellulari isoprismatici, anche se né l'unicità dello strato, né la forma cubica delle cellule rappresentano una costante morfologica, potendo cambiare in base alle esigenze funzionali di questo tessuto. Nello spesso dell'epicardio viaggiano numerosi rami vascolari e nervosi diretti principalmente alle cellule miocardiche. I vasi, in particolare, si approfondano circondati da una guaina di tessuto connettivo, lo stesso che ritroveremo a formare il connettivo perivascolare nell'interstizio miocardico.